Mi è capitato di avere « au bout du fil », amici che probabilmente come me in questo presente ristretto di spazio ma immenso di tempo, hanno sentito la necessità forse confortante di fare un tuffo nel passato…: per atterrare nel vecchio, super comodo pantalone che oramai si è perfettamente adattato al nostro corpo ed ai nostri movimenti…in pratica a noi. Il nostro passato è quel pantalone super comodo…che un giorno può andarci… stretto…
Come il vecchio pantalone così i vecchi amici sono all’onore, almeno per me, come le vecchie storie, le vecchie canzoni i vecchi film, i libri già letti e…le nuove ricette (in questo campo la novità prende piede)
Il vecchiume è rassicurante, pieno di ricordi e di emozioni che ci riempiono le giornate…la telefonata inaspettata e il messaggio che ci tuffa indietro di 10 anni sono giusto a portata di mano.
Finalmente abbiamo il tempo per ciò che siamo stati e che ci ha costruiti in questa corsa sfrenata alla ricerca di un futuro migliore: ma quando ci arriveremo a questo futuro migliore? …siamo sicuri che avremo ancora un pochino di presente a disposizione una volta che lo avremo raggiunto questo…fantomatico futuro migliore?…giusto per capire se avremo un po’ di tempo per godercelo (visto quello che ci è costato). E poi…migliore di …cosa? quando ci soffoca assorbendo tutto il nostro presente che, per quanto mi riguarda, avrei fatto meglio ad utilizzare per fare un salto giù, nel “locale tecnico delle fondamentali fondamenta della mia piccola persona” per testarne la solidità, vedere se alcune parti non avrebbero bisogno di qualche piccola riparazione…un controllo tecnico emozionale in un certo senso che a mio umile avviso dovrebbe essere obbligatorio ogni tot km di esistenza e di…stangate, randellate, legnate, torchiate varie che, forse, potrebbero destabilizzare la struttura principale di “casa nostra”; potremmo così fare un bilancio delle riparazioni e raggrupparle fra possibili, impossibili, assolutamente necessarie, per prevenzione oppure: non pensarci neanche, non c’è più niente da fare salvo farti all’idea che non c’è più niente da fare. A questo punto…non è per pignoleria ma: e se scopro che non c’è più niente da fare arrivando nel “futuro migliore” e non ce la faccio proprio a farmene una ragione del fatto che non c’è più niente da fare?
Ok…lascio perdere…mi sto aggrovigliando intorno ad un’idea…
Pensare positivo.
Penso positivo.
I piccoli miracoli: il piccolo chiodo che tiene salda la piccola trave che non sappiamo bene a che cosa serva (sono ancora nel “locale tecnico” della nostra persona), né quando sia stata messa lì ma che sembra sorriderci sorniona e nonchalante di fronte alla nostra ebetitudine così incredibilmente placida, solida, fragile…stupefacente insomma…(la trave…non l’ebetitudine), tanto da farci dire che è forse meglio non toccarla, a qualcosa servirà pure… e poi non da fastidio a nessuno. E dopo aver pronunciamo questa frase siamo di fronte all’inevitabile: non abbiamo la più pallida idea di quello che sta accadendo. La trave non da fastidio a nessuno tranne…alla nostra intelligenza. Ma siccome il motivo ci..sfugge, non diciamo niente. La trave ha vinto.
Amo ciò che mi stupisce.
Ok…vecchi pantaloni, piccole travi e” locali tecnici” a parte, anch’io ultimamente ho avuto la fortuna di passare un po’ di tempo con i fondamentali della mia adolescenza e siccome per me la colonna sonora non è mai lontana, non ho potuto non cedere alla tentazione di rispolverare “Fast Car” : dove andrei oggi se avessi avuto quella macchina ieri?
Se per Cinzia in “Fast Car” la macchina era quella di Tracy Chapman (ma la canzone qualche volta aveva la voce e la chitarra della sottoscritta), per Ale e Fabio la macchina in questione aveva sicuramente un senso molto più “pratico”: una massiccia Volvo del padre di Alessandro e che oggi potrei definire “la macchina delle pannocchie”.
Sono esattamente le 4:18 del mattino…o della notte a piacere…, l’ora è visibile sul timer della mia “capsula temporale” del jet( lag) da quarantena che un giorno sarà talmente esteso da non sapere più se oggi era ieri o sarà domani. Per il momento sono passata dalle 2 alle 4:18 e nutro l’intima speranza che da qui all’11/05 passerò alle 6 o 7 del mattino rimettendomi, sicuramente non senza una punta di rammarico, in “carreggiata” ma siccome per ora non siamo ancora li, mi accontento della vecchia carreggiata percorsa tante volte in mezzo ai campi della periferia milanese dalla Volvo, dalla musica da Ale, Fabio e Cris.
La carreggiata della capsula temporale.
Quella di “Fast Car”.
Il tempo sta cambiando e con esso anche i tempi stanno probabilmente cambiando. Il passato lievita, il presente si restringe…(e se fosse colpa dei programmi sbagliati?), ed il futuro…è come se non esistesse.
Ed in tutto ciò, purtroppo si sono persi per strada altri fondamentali che sono diventati parte integrante della nostra importante storia: quella che alimenta le nostre radici legandoci alla terra, quella che ci ha resi forti anche a scapito di qualche legnata, a volte.
Viaggiate leggeri che i nostri pensieri vi facciano da ali ed i nostri cuori vi facciano vivere.
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Ulivo malato di Leo. Salento
Per sempre
Il passato ci sostiene. Il presente fluttua. Il futuro …ci lascia liberi. Se ce lo concediamo. Senza sensi di colpa. Almeno per un poco.
LUNEDÌ 3 APRILE 19..
Fartlek 30 minuti, stretching, skip etc etc… 3 serie di 3×30 metri con la ruota : significa che mi attaccano un pneumatico alla cintura medica in cuoio che porto alla vita, la stessa che utilizzo quando faccio pesi per evitare di massacrarmi la schiena…con la mia iperlordosi dò l’impressione, quando sollevo la barra con i pesi, di spaccarmi in due.
Ma ritorniamo all’allenamento di oggi. Marco, il mio allenatore, mi aspetta nei corridoi dell’Arena di Milano: come spesso accade, la palla medica in mano, mi lascia sfogare, da sola, contro i muri dello spogliatoio prima di iniziare. È un modo molto efficace per buttare fuori i cattivi pensieri.
Riprendiamo: 3 serie di 3 volte 30 metri con i pesi, 30 secondi di recupero fra ogni ripetizione e 2 minuti tra ogni serie. Di seguito 2 serie di 3 volte 50 metri con la stessa ruota (chissà da dove viene quello pneumatico?!?), skip: 3 serie di 3 volte 10 metri a destra e 3 volte 10 metri a sinistra 3 serie di 2×80 metri 5 minuti di riposo…
Accidenti: piove!
Ok, vado a mettermi il Kway ed i pantaloni da pioggia così ne approfitto anche per cambiarmi le scarpe: in ogni caso rientrerò a casa bagnata fradicia ma non è un problema, ci sono abituata e mi piace la pioggia…Ora che ci penso, mi piacerebbe fare una sorpresa a mia mamma: comprare due pizze per cena, se ho tempo…solo se ho tempo, altrimenti me la ritrovo in preda al panico alla fermata dell’autobus ad aspettarmi. Abito fuori Milano, in una periferia che di sera non è quello che si definirebbe “simpatica” e rientro sempre tardi, allora quando sono più in ritardo del solito si spaventa.
Già, non c’erano i cellulari a quell’epoca e non sempre Marco poteva riaccompagnarmi a casa: sono già le 18:30 ed ho ancora 8 ripetizioni sui 200 metri… Cambio le scarpe ed infilo le chiodate… Dio…non posso dimenticarmi la sensazione dei chiodi che mordono il tartan, la sensazione delle mie gambe che mi fanno volare…anche se in questo momento non è proprio così! L’inverno è…una cacca!
Quando si inizia il periodo di carico si ha l’impressione di avere del cemento nelle gambe; è dopo, quando si trasforma tutto quel lavoro pesante in velocità per preparare le gare, ecco, è in quel momento che …si plana sulla pista.
E’ stupendo!
I professori a scuola mi adattano i corsi e le interrogazioni in modo tale ch’io possa tranquillamente partire quando ci sono le gare. Questo non fa di me un’allieva migliore, ma fa sicuramente di me una ragazza più felice.
Basta con questi bla bla, i 5 minuti sono passati!
Adoro le ripetizioni sui 200 metri perché adoro la velocità in curva e in indoor è ancora più bello perché il giro di pista è proprio di 200 metri il che significa due curve e due curve inclinate verso l’interno, e quando ci entro in quella curva, la velocità, la forza centrifuga ed i chiodi, mi tengono ancorata al suolo facendomi sentire una sensazione impossibile da provare diversamente…vorrei non finissero mai quelle curve…mi attaccano alla vita e mi fanno anche sentire che la vita potrebbe “espellermi”, “abbandonarmi” : sono io…io che mi tengo in piedi grazie alla mia energia che si aggrappa alla terra e mi sostiene.
Da sempre.
Che fatica! Sono solo a metà e ho l’impressione che il mio cuore esploda…beh…non è una novità: il mio cuore sta sempre per esplodere.
Marco lo sa che sono sempre innamorata, ne ho bisogno, ho bisogno d’amore per sfogarmi e lui mi protegge. I miei amici sono gli amici dell’atletica, non ho tempo di averne al di fuori: per gli amici lì dove abito, sono una specie di extraterrestre: “hai le gambe troppo muscolose per una ragazza”…non mi interessa neanche minimamente rispondere, forse gli piacerebbe dargli una sbirciatina? Invece ho due amici in Marco Polo, con i quali andiamo in giro a braccetto, io in mezzo: Alessandro e Fabio, loro giocano a tennis, siamo un trio…siamo diventati amici perché un giorno Alessandro è venuto a prendermi alla fermata dell’autobus…a dire il vero non una sola volta…molte volte…Allora una sera gli ho detto: “È veramente strano, riesci sempre ad essere qui quando piove ed io rientro senza ombrello! Sei un mago! A proposito, come ti chiami?…” Alessandro …a momenti casca per terra: mi guarda spalancando gli occhi sconcertato e mi dice: “Ma non hai capito niente? …e tutte le cartoline che ti mando ogni estate…da anni?”…
A quel punto mi sono resa conto che “l’Alessandro” che mi mandava le cartoline d’estate e che io non sapevo assolutamente chi fosse…: era lui! Lo stesso ragazzo che quando pioveva teneva d’occhio la fermata dell’autobus dalla finestra della sua cameretta per vedere se avevo o no l’ombrello quando scendevo: se non ce l’avevo arrivava come un fulmine.
Non era un mago, ma un giovane uomo innamorato…cosi’ me ne sono innamorata anche io e tutto è finito bene! Con il suo migliore amico, Fabio, che abitava 3 piani sotto di lui, siamo diventati inseparabili: stessa scuola (non stessi risultati!), stessa passione per lo sport e…per le fughe sull’autostrada con la macchina del padre di Alessandro, di notte…con la musica a manetta e…le pannocchie che andavamo a raccogliere nei campi (probabilmente con qualche velleità culinaria…altrimenti non me ne spiego la motivazione..): ma un giorno le abbiamo dimenticate nel cofano ed il padre di Alessandro (che tra l’altro non sapeva neanche di “prestarci” gentilmente macchina e benzina di notte), ..mamma mia che strigliata, povero Alessandro ..il cofano riempito di mais!!!! Che risate!
Quasi finito: dopo dovrò’ fare solo un po’ di defaticamento altrimenti mi si bloccano le gambe come quest’estate rientrando da un 400. Era il padre di Claudio (che aveva fatto un 100 metri quel giorno), che doveva riaccompagnarmi a Milano dopo la gara, ma essendo in ritardo siamo dovuti ripartire subito dopo, risultato: l’acido lattico si è fissato sui i muscoli, ho iniziato ad avere una nausea spaventosa ed a sentire che non riuscivo più a muovere niente del mio corpo: mi hanno dovuta far scendere dalla macchina tenendomi uno a destra ed uno a sinistra per farmi camminare e fare circolare tutta quella schifezza …che brutta sensazione! Comunque niente di grave, non è stato peggio del giorno che mi sono presa una bella insolazione a Firenze; quello è stato brutto! E mi ricordo anche di Genova, durante una staffetta indoor: il testimone doveva passarmelo Elena ed io…non avevo sentito il suo “hop”, sono partita come…dovevo… ed arrivata al limite per il cambio mi sono quasi dovuta fermare mentre lei si è buttata per mettermi praticamente nel palmo della mano il testimone ed evitare la squalifica…ovviamente abbiamo perso tempo…peccato! Ma…forse il peggio è stato durante la finale della staffetta 4×400 a San Donato, durante i Campionati Italiani di società: avevo l’ultimo 400, ero in super forma e avevo un super mal di pancia. Arrivata alla fine ho buttato il testimone a terra e senza fermarmi, ho continuato a correre sino al bagno: stavo così male! Ho fatto il mio record quel giorno! …
Ho finito!….arrivata a casa dovrò annotare i tempi di ogni singola ripetizione, ho quasi 10 anni di agende giganti con tutti gli allenamenti ritrascritti nei minimi dettagli (e le storie d’amore in stenografia…).
Tutto è importante. La memoria è importante.
Adesso vado: “Chariots of fire” nel walkman e nelle orecchie e magari ce la farò a fare una sorpresa a mia mamma, fermarmi in Largo dei Gelsomini e prendere due pizze per la nostra cenetta…
E questa volta…non piangere ma’ se sono in ritardo…non mi è successo niente.
Volevo solo farti una sorpresa…
P.S.)…ciao Fabio…
ECCEZIONE FATTA PER “FAST CAR” (TESTO, MUSICA E PROPRIETÀ DI TRACY CHAPMAN), LE FOTOGRAFIE I TESTI E TUTTO CIÒ CHE APPARE SU QUESTA PAGINA, SONO OPERA DI CRISTINA SCAGLIOTTI O LA RITRAGGONO E SONO DA INTENDERSI PROTETTI DA COPYRIGHT. SONO VIETATI L’UTILIZZO E/O LA COPIA ANCHE SOLO PARZIALI SENZA AUTORIZZAZIONE : SCRIVERMI E CHIEDERE INVECE…NON LO È! GRAZIE.